Nei modelli cosmologici comunemente usati
si fa una semplificazione drastica, nota come "principio
cosmologico". Si assume cioè che l'Universo sia
omogeneo e isotropo. Questo vuol dire in particolare che l'Universo
è riempito uniformemente, con la stessa densità in ogni
parte.
È evidente che ciò non è
vero, come mostra l'esistenza di condensazioni a diversa scala: stelle,
galassie, ammassi di galassie... Ma si assume che a grande scala le condensazioni siano trascurabili e possano essere
sostituite da una distribuzione media, appunto uniforme, che chiameremo
fluido cosmologico.
Secondo la RG è la presenza di questo
fluido cosmologico che determina la curvatura dello spazio-tempo. Occorre
quindi conoscerne le proprietà, e più esattamente due soli
parametri: la densità e la
pressione. Dato che l'Universo non
è statico, ma in espansione, c'è da aspettarsi che
densità e pressione debbano variare nel tempo; il modo di variare
dipende dalla natura del fluido. Se trascuriamo una fase iniziale, di cui non
voglio qui occuparmi, sappiamo che la pressione è trascurabile; la
densità è invece importante, e va come l'inverso del cubo del
"parametro di scala" dell'Universo (di cui parlerò fra un
momento).
Si parla comunemente, a proposito del
contenuto di materia dell'Universo, di "materia" e di
"radiazione". Vuol dire solo questo: che nel fluido sono presenti
due componenti diverse. La prima, chiamata anche "materia fredda",
è costituita di particelle dotate di massa di riposo non nulla, e con
energia cinetica molto piccola. Questo fa sì che la materia fredda
contribuisca alla densità (che avrei dovuto più esattamente
chiamare "densità di energia") solo in virtù della
massa di riposo, mentre non dà contributo apprezzabile alla
pressione.
La seconda componente (la radiazione) consiste
di particelle di massa nulla (sicuramente fotoni, forse altro...) e
attualmente dà contributo trascurabile tanto alla densità come
alla pressione. Ciò non vuol dire che la radiazione sia senza
importanza, per due ragioni:
a) La sua parte e.m. è osservabile: costituisce la "radiazione
cosmica di fondo" (CBR, cosmic background radiation) che è ad es.
l'oggetto delle misure fatte da "Boomerang".
b) Se è trascurabile oggi, non lo era però in passato, quando la
temperatura era molto maggiore di quella attuale. Se ne deve perciò
tener conto nelle fasi iniziali dell'evoluzione.
Col passare del tempo t, solo una cosa può cambiare: il valore di
questa curvatura. E con essa le condizioni fisiche della materia: in
particolare la densità, tanto della materia fredda come della
radiazione. Per la radiazione si definisce anche una temperatura, che oggi
è circa 2.7 K, ma varia inversamente al parametro di scala.
Uno spazio sferico è la versione
tridimensionale della superficie di una comune sfera. Difficile da immaginare
senza allenamento, ma per molti scopi l'analogia bidimensionale è
sufficiente.
Bisogna però guardarsi da un facile
errore: quando noi pensiamo a una superficie sferica, la vediamo sempre nello
spazio tridimensionale. Si può quindi credere che anche uno spazio
sferico tridimensionale richieda uno spazio con più dimensioni (4) in
cui immergerlo. Sebbene questo sia matematicamente possibile, occorre
sottolineare che tale quarta dimensione non ha alcun significato
fisico ed è meglio dimenticarla.
Soprattutto, tale quarta dimensione, puramente matematica, non ha niente
a che fare col tempo!
Dello spazio sferico è importante
ricordare due cose:
- è finito, nel senso che ha un volume finito,
- è illimitato, nel senso che non ha nessun confine.
Si dice anche spesso che è chiuso,
per riassumere queste due proprietà.
Come per una sfera, se ne può definire
un raggio, che coincide col parametro di
scala di cui ho già parlato.
Inoltre lo spazio sferico non è
euclideo: non possiede rette parallele, ma
geodetiche che però se
partono parallele s'incontrano necessariamente (come i cerchi massimi, per es.
i meridiani, su una sfera). Proprio perché le geodetiche si avvicinano,
si dice che la sua curvatura è positiva.
Il caso c) (iperbolico) è molto
più difficile da illustrare, perché non c'è un analogo
bidimensionale così semplice come una sfera. Si può solo
descriverlo per differenza rispetto a quello sferico:
- è infinito, nel senso che ha volume infinito,
- è anch'esso illimitato, ma nel senso più ovvio che ci si
può allontanare quanto si vuole.
Per questi motivi lo spazio iperbolico è detto aperto.
È molto meno ovvio che anche per uno
spazio iperbolico si possa definire un "raggio"; ma lo si può
capire da quello che segue. Anche lo spazio iperbolico non è
euclideo: non possiede rette parallele, ma
geodetiche. In questo caso però le geodetiche non s'incontrano
necessariamente; anzi, se si fanno partire inizialmente parallele, poi si
allontanano. Perciò si dice che la sua curvatura è
negativa, e la rapidità con cui
due geodetiche si allontanano può esser usata per definire il raggio
che dicevo.
Anche in questo caso il raggio s'identifica
col parametro di scala.
Avrete notato che non ho definito il
parametro di scala per il caso piatto. La ragione è che in uno spazio
euclideo non c'è una definizione intrinseca di tale parametro.
Però lo si può definire per confronto, assumendo un valore
arbitrario per un certo tempo, e poi osservando come cambia nel tempo. Ma su
questo tornerò dopo.
Termino questa puntata con un'avvertenza:
sebbene il termine "parametro di scala" sia più corretto, nel
seguito, se non altro per brevità, dirò sempre
"raggio", anche nei casi in cui di raggio non si potrebbe a rigore
parlare.
E ora il regista può finalmente
gridare: "azione!".
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