Breve storia dell'elettrodinamica quantistica

Elio Fabri

Ultima revisione: 2-5-98


Settima puntata

Dicevo nella puntata precedente che sembra che tutto fili a perfezione, ma non è così. Debbo ora spiegare che cosa intendevo dire.

A questo scopo dobbiamo fare un passo indietro, tornando all'inizio della sesta puntata, dove ho detto che le equazioni giuste di QED sono troppo complicate per darne una soluzione esatta, ma per fortuna si può procedere trattando l'interazione tra elettroni e fotoni come una perturbazione, grazie alla piccolezza della costante di struttura fina.
Ma non ho mai detto in che consista esattamente l'approssimazione, anche se le ho dato un nome: QED1. È ora il momento di colmare la lacuna.
L'approssimazione consiste in questo: che per qualunque processo fisico che c'interessa studiamo solo il modo più semplice di realizzarlo (il diagramma di Feynman col minor numero di vertici). Spieghiamoci con un esempio: ancora l'effetto Compton.

Abbiamo visto che possiamo supporre (ci sono altre possibilità) che l'elettrone assorba il fotone, restando solo soletto in uno stato virtuale, e poi lo riemetta. Nel diagramma ci sono due vertici, e nel gergo dei fisici teorici questo si esprime dicendo che stiamo studiando un processo di secondo ordine. Per inciso, la probabilità di un processo di secondo ordine è proporzionale al quadrato della costante di struttura fina (per uno di terzo ordine sarebbe proporzionale al suo cubo, ecc.).
Ma possiamo considerare situazioni più complicate:
a) L'elettrone virtuale può emettere un fotone e riassorbirlo poco dopo, prima di emettere il fotone finale (fig. 1). Questo è un fotone virtuale, per la stessa ragione per cui era virtuale l'elettrone: perché nella sua emissione/assorbimento non si può conservare insieme energia e impulso, e allo stesso tempo rispettare la massa (nulla) del fotone.
b) La stessa cosa può accadere prima che venga assorbito il fotone iniziale (fig. 2) oppure dopo che è stato emesso quello finale.
c) Il fotone iniziale (o quello finale) possono dar luogo a una coppia elettrone-positrone (fig. 3), che poco dopo si annichila di nuovo in un fotone.
d) L'elettrone iniziale può emettere un fotone virtuale, poi assorbire quello reale incidente, poi riassorbire quello virtuale (fig. 4).
e) Ci sono varie altre possibilità.

Bene, direte voi, si tratta solo di armarsi di pazienza. Notate che tutti gli esempi che ho fatto hanno solo 4 vertici: sono processi di quarto ordine, e sono già parecchi; ma poi si potrebbero considerare quelli di sesto ordine, ecc., che diventano sempre più numerosi.
Però le corrispondenti probabilità contengono la costante di struttura fina con potenze sempre maggiori; e dato che è piccola, queste potenze sono sempre più piccole. Quindi si può sperare che i processi di ordine superiore siano via via meno importanti, per cui se ci si accontenta di una determinata approssimazione ci si potrà arrestare a un certo ordine. Il calcolo sarà molto noioso, ma consisterà di un numero finito (anche se grande) di operazioni. E i calcolatori che sono stati inventati a fare?
Ahinoi, le cose non sono così semplici (si fa per dire).

Consideriamo il primo degli esempi che ho dato. Abbiamo un solo fotone virtuale: quale sarà il suo impulso e la sua energia?
Notate che impulso ed energia delle particelle reali, iniziali e finali, non sono incognite: sono i dati del problema. Anche l'elettrone virtuale nel processo di secondo ordine ha impulso ed energia determinati dalla conservazione (ed è virtuale perché con quell'impulso e quell'energia ha una massa "sbagliata").
Ma se ci sono due o più particelle virtuali, le leggi di conservazione non bastano a determinarne impulso ed energia, che possono quindi essere scelti a piacere. Come possiamo fare i calcoli se ci restano delle incognite indeterminate?

La regola che vale non solo in QED, ma in tutta la m.q., è questa: quando in uno stato virtuale c'è una grandezza indeterminata, il calcolo va fatto sommando su tutte le possibilità.
Poiché nel nostro caso le possibilità sono un continuo di valori, la somma sarà in effetti un integrale, ma questo importa poco. Quello che invece importa molto è che cosa succede appena si tenta di calcolare l'integrale: si trova un risultato infinito! E lo stesso succede per tutti i processi virtuali, quelli che ho descritto, e gli altri che si possono immaginare.

Ora sì che siamo nei guai: nel tentativo di migliorare l'approssimazione QED1, siamo finiti a non saper calcolare un bel niente: infinito dappertutto!
Col suo stile inimitabilmente antiaccademico, Feynman ha descritto la situazione dicendo: "la teoria ha sbattuto la faccia per terra".

Così stavano le cose alla fine degli anni '30; ma niente paura, la storia ha il giusto lieto fine. Alla prossima puntata.

(Fine della settima puntata)


Continua...