10. Concludendo

È probabile che questo sommario discorso non riesca a dare un'idea del tutto chiara di come si dovrebbe procedere nell'insegnamento della fisica per realizzare gli obiettivi che sono andato enunciando; si può anche dire che forse l'unico modo per essere chiari sarebbe di rimboccarsi le maniche e dare il buon esempio. Per ora mi debbo però accontentare di questi pochi cenni, e per concludere vorrei riassumere quelli che mi sembrano i punti essenziali.
a) Gli esperimenti in fisica hanno un duplice ruolo: quello di controllo della validità della teoria che si viene sviluppando, e quello, non meno importante, ma spesso trascurato, di punto di partenza per il momento induttivo, per la formazione di concetti e teorie.
b) È importante che il discorso fisico sia rigoroso, ma il criterio del rigore non è quello delle esatte definizioni nel primo capitolo di un libro. Rigore significa chiarezza nel significato dei singoli passi; significa dire esplicitamente che i concetti si precisano man mano che si procede, che la validità di principi e teorie si rafforza quando se ne vede tutta la portata, che non ci sono singole leggi dimostrate da singoli esperimenti, ma che tutta la costruzione si regge nel suo insieme e nel suo insieme trova conferma nei fatti.
c) Ottenere che lo studente capisca e ricordi tutto questo è più importante delle singole nozioni, regole, dati sperimentali. Ciò porta via tempo, ma è tempo ben speso, anche se si deve sacrificare qualche parte delle trattazioni tradizionali. Per convincersene, basta avere l'onestà di chiedersi quanto di quello che si fa in un corso con pretese di completezza viene effettivamente ricordato, anche solo dopo un anno, dallo studente medio: si arriverà necessariamente alla conclusione che la completezza senza chiarezza di comprensione e senza profondità è fatica sprecata.
Questo non vuol dire naturalmente che nozioni, regole, dati sperimentali non debbano essere conosciuti e impiegati: ma che debbono esserlo in vista di uno scopo ben preciso, e non fine a se stessi. In fondo si può dire che il difetto principale di gran parte dell'attuale didattica della fisica sia proprio questo: la mancanza di uno scopo chiaro. Sembra che lo scopo sia stato perso di vista, e che sia rimasta solo una successione di atti e di passaggi obbligati, ai quali non si sa rinunciare. È necessario che chiunque ha la responsabilità di insegnare riacquisti il coraggio di porsi i suoi scopi, e di studiare i mezzi per raggiungerli: senza ricette prefabbricate, e senza autorità superiori che non siano quelle fondate sulla riconosciuta validità del lavoro fatto e delle idee espresse.
Certo, perché un insegnante possa fare questo, occorre dargli - e chiedergli - molto di più di quanto oggi si fa: ma questo è un altro discorso.

(1) Non mi è possibile passare sotto silenzio la preoccupazione di alcuni autori, i quali stanno attenti a precisare che il corpo in oggetto deve essere "inanimato". Se con questo intendono "non vivente", ne concluderemo che ad es. i grilli non sono soggetti alle leggi della meccanica; se invece è proprio l'"anima" quella che conta, allora i libri di fisica dovrebbero essere scritti dal teologi, i soli evidentemente competenti in materia.
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(2) Una trattazione molto chiara si trova nel cap. 24 del libro di R. Carnap: I fondamenti filosofici della fisica (Il Saggiatore, Milano, 1971).
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(3) C.G. Hempel: La formazione dei concetti e delle teorie nella scienza empirica (Feltrinelli, Milano 1961). Il corsivo è mio.
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(4) M. Batini, E. Fabri: Giornale di Fisica, 7, 39 (1966).
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