Che cosa è il rigore logico in fisica?

Elio Fabri

Ultima revisione: 10-3-99


Quanto è sorpassata quella concezione della scienza che si esprimeva col dire "definisci i termini che impieghi, prima di procedere"! Ogni passo avanti della conoscenza umana che sia realmente creativo è così fatto che teorie, leggi, metodi di misura - inseparabili per sempre - vengono al mondo insieme.

E. F. Taylor, J. A. Wheeler: Spacetime Physics


1. Premessa

Questo articolo riprende un tema trattato in una conferenza da me tenuta, nell'aprile 1968, alla Sezione A.I.F. di Milano, e della quale mi fu gentilmente fornita la trascrizione registrata. Da questa mi ripromettevo di trarre già allora una nota da pubblicare, ma il lavoro rimase interrotto. Recentemente, in vista di una lezione al corso di aggiornamento organizzato dalla Sezione di Pisa, mi è sembrato opportuno riprendere l'idea. Quello che segue è dunque il risultato di due fasi di attività su uno stesso problema, separate da otto anni.
Il problema è questo: la fisica è una scienza sperimentale, e perciò in essa l'esperimento e i procedimenti induttivi entrano in modo determinante. Esiste però nella fisica una parte teorica, con struttura matematico-deduttiva, che non è meno importante, e anzi costituisce il carattere distintivo della fisica dalle altre scienze sperimentali (almeno come le conosciamo oggi). Fin qui tutto bene, e tutto noto. Ma quando si cerca di trasmettere la struttura della fisica nell'insegnamento, specie nella scuola secondaria, accade che ci si imbatta in certe difficoltà, derivanti dalla complessità del rapporto fra teoria ed esperimento, fra induzione e deduzione. Sono queste difficoltà che cercherò qui di illustrare.
Darò in primo luogo alcuni esempi di errori e insufficienze logiche piuttosto comuni. Seguirà una breve esposizione di un procedimento logicamente ineccepibile (il cosiddetto metodo assiomatico), con alcune argomentazioni che ne provano la scarsa validità didattica. A questo punto, conclusa la discussione dei vari aspetti del problema che abbiamo di fronte, darò qualche indicazione su come si possa tentare di risolverlo.
Il mio primo timore, nel riprendere il tema dopo otto anni, è stato che questo risultasse invecchiato e superato. In effetti nel 1968 era in pieno svolgimento un dibattito provocato dall'introduzione in Italia del PSSC e dall'istituzione delle classi pilota, che avevano funzionato come elemento di rottura degli schemi tradizionali. Oggi la situazione è certamente diversa; altri temi si presentano con più immediato interesse, o almeno sono più di moda: i rapporti con le altre scienze, la questione della storia, la fisica nel biennio, ecc.. Temo però che a questo "invecchiamento" del problema che qui si tratta non sia corrisposto un suo reale superamento, cioè una soluzione chiara e diffusa fra tutti; mi sembra invece che il cambiamento di interesse da un lato riguardi solo una cerchia relativamente ristretta, dall'altro rifletta stimoli ed esigenze che hanno origine al di fuori dell'ambiente degli insegnanti di fisica. Niente di male in ciò, che anzi testimonia una certa apertura, senz'altro da incoraggiare e coltivare. Tuttavia c'è il rischio che si produca una scissione: da una parte un'"avanguardia", che per essere numericamente scarsa e senza reale influenza tende a dare per risolti i problemi quando ne ha discusso a lungo, anche se la discussione non ha inciso sulla realtà concreta dell'insegnamento; dall'altra una "massa", che assiste a questi certami oratori senza parteciparvi e senza poterne ricavare indicazioni utilizzabili nel lavoro di tutti i giorni. In parole povere: mi sentirei tranquillo se potessi ad esempio dare per certo che il ruolo dell'esperimento nell'insegnamento della fisica è chiaro e definito per la più gran parte degli insegnanti: allora affronterei volentieri un altro tema. Ma se così non è, la discussione anche su un argomento relativamente "scontato" va continuata.
Vorrei aggiungere che il mio punto di vista odierno non coincide completamente con quello del 1968: oggi vedrei importante anteporre al momento della sperimentazione in laboratorio un momento che per brevità vorrei chiamare "naturalistico". Spero di trovare l'occasione per spiegare distesamente che cosa intendo con questo: per ora non mi è sembrato opportuno alterare la linea generale della discussione che segue, dato che questa nuova concezione si aggiunge alla vecchia, ma non la contraddice.
Buona parte del mio discorso concerne le esposizioni correnti nei libri di testo. Naturalmente negli ultimi anni sono usciti molti libri nuovi, e riedizioni di quelli vecchi: ad es. ora è quasi impossibile trovare un testo che non usi la tecnica della fotografia multiflash per illustrare vari aspetti della meccanica. Corrisponde a questo un qualche reale cambiamento nel carattere dei testi, per quanto concerne quello che dirò nel seguito? Non ho potuto condurre un'indagine sistematica in proposito, ma l'esame di alcuni esempi significativi mi ha convinto di no: perciò anche in questo senso credo che il discorso che verrò svolgendo sia ancora attuale.
Continua...