Breve storia dell'elettrodinamica quantistica

Elio Fabri

Ultima revisione: 2-5-98


Quarta puntata

Ma come mai i positroni non erano stati visti prima? Che proprietà hanno?
La risposta alla seconda domanda è molto semplice: sono in tutto e per tutto uguali agli elettroni, salvo per il segno della carica. In particolare, hanno la stessa massa, spin, momento magnetico.

Non erano stati visti, prima di tutto perché in natura sono molto rari (almeno nel nostro mondo...). La ragione è che ci sono troppi elettroni: un positrone che attraversi della materia, anche un gas molto rarefatto, prima o poi passa vicino a un elettrone, e si produce un fenomeno caratteristico: le due particelle scompaiono e si producono due o più fotoni ("annichilazione" di una coppia elettrone-positrone).
È usata spesso, in questo caso, l'espressione "conversione di massa in energia": espressione che a me piace poco e preferisco non usare, perché trovo che aiuti molto a confondere le idee. Ma questa è una divagazione che non posso permettermi...

Non bisogna però equivocare: il positrone non è una particella instabile, come i mesoni o il neutrone, che lasciati a sé si disintegrano spontaneamente in altre particelle. Un positrone in uno spazio vuoto è perfettamente stabile, tanto è vero che oggi si producono senza problemi fasci di positroni: il solo requisito è che possano muoversi in un ambiente dove non incontrino elettroni.

Come si possono trovare allora dei positroni, per es. nei raggi cosmici?
Il meccanismo più comune per produrli è la "creazione di coppie": il processo inverso dell'annichilazione. Da un fotone di energia sufficientemente alta (almeno 1 MeV) può "nascere" una coppia elettrone-positrone, che appena nati se ne vanno ciascuno per i fatti suoi.
(Dovrei essere preciso, e spiegare che un fotone solo soletto non può produrre una coppia, ma ha bisogno di un altro fotone o di un campo elettrostatico, ad es. quello di un nucleo; ma la precisazione non è essenziale per ciò che segue.)

È importante riassumere ora l'insieme dei processi elementari che coinvolgono elettroni, positroni e fotoni:
1) un elettrone (o un positrone) può emettere un fotone
2) " " " assorbire "
3) un fotone può dar luogo a una coppia elettrone-positrone
4) una coppia si può annichilare in un fotone.
Obiezione, Vostro Onore: Ella ha appena detto che l'annichilazione dà luogo a due o più fotoni, non uno solo!
Obiezione accolta e respinta allo stesso tempo.
È vero: il processo osservabile è quello, con due o più fotoni finali. Ma può essere visto come composizione di due processi più elementari:
a) un elettrone (positrone) emette un fotone
b) dopo di ciò si annichila con un positrone (elettrone) emettendo un secondo fotone.
Incontriamo qui di passaggio un protagonista delle teorie quantistiche di campo: la "particella virtuale". Mi guardo bene dallo spiegare ora di che si tratta. Però i due punti a) e b) di cui sopra fanno proprio intervenire un elettrone virtuale: quello che ha emesso un fotone ma non si è ancora annichilato.

Ora abbiamo davanti (noi no, a dire il vero: ma quelli che hanno costruito la QED) il compito di ritrovare questi processi che si vedono in natura (e molti altri di cui non ho parlato) attraverso una teoria fisica precisa, che deve far entrare in ballo da una parte i fotoni, ossia il campo e.m. quantizzato; dall'altra parte elettroni e positroni, che per ora sappiamo solo che debbono aver a che fare con l'equazione di Dirac.

Ma c'è un problema: nel caso dei fotoni, abbiamo visto che essi nascono in modo naturale dalla quantizzazione del campo e.m., retto dalle equazioni di Maxwell. Ci sarà forse un altro genere di campo, la cui quantizzazione darà luogo a elettroni e positroni?
D'altra parte l'equazione di Dirac è l'equazione degli elettroni e dei positroni, ma dovrei meglio dire che è l'equazione che descrive il comportamento di un singolo elettrone o positrone (per es. l'elettrone di un atomo d'idrogeno): da questa equazione non si possono ricavare annichilazioni o creazioni di coppie.
Che si deve fare?

Ecco l'idea: l'equazione di Dirac ha come oggetto matematico una "funzione d'onda", più o meno come l'equazione di Schrödinger. C'è una differenza, perché la presenza dello spin e dei due tipi di particella richiede che si tratti di una funzione d'onda "a 4 componenti", ma questo a noi importa poco: ciò che conta è che è sempre una funzione dello spazio e del tempo, come la psi di Schrödinger, ma anche come i campi e.m. delle equazioni di Maxwell!
Allora perché non interpretare questa funzione d'onda di Dirac come "campo degli elettroni e positroni", e provare a quantizzarlo, come abbiamo fatto col campo e.m.?

Detto fatto... Ci sono, tanto per cambiare, alcune questioni che bisogna risolvere, per es. come far intervenire il principio di Pauli. Ma vi pare che i "cervelloni" che pensavano a queste cose non avrebbero trovato la soluzione?
Infatti Dirac non aveva quasi finito di scrivere la sua equazione, che già Jordan e Wigner (1928) avevano capito come fare. Peccato che non possa spiegarlo (per chi sa già tutto: sto parlando degli anticommutatori, of course).
Il resto è quasi facile: abbiamo quantizzato il "campo di Dirac", e poiché questo nasce già da una quantizzazione (la teoria quanto-relativistica di Dirac) abbiamo fatto una "seconda quantizzazione".

Se avete la sensazione di acrobati sul trapezio e sulla fune, non vi sbagliate di tanto... La differenza è solo che alla fine queste acrobazie intellettuali dovranno essere messe in relazione col mondo reale... Vedremo.
Intanto è scontato che da questa quantizzazione del campo di Dirac si ritrovano elettroni e positroni, ovviamente coi loro bravi spin, ecc. ecc.
Stavo per scrivere "e cariche, e momenti magnetici". Ma un momento! come si può misurare la carica o il momento magnetico di un elettrone? Solo facendolo interagire con un campo, elettrico o magnetico rispettivamente!
Ma campo elettrico o magnetico significano fotoni, quindi dobbiamo fare interagire le nostre particelle coi fotoni, altrimenti niente carica, niente momento magnetico. Si può?

In realtà se lasciamo le cose a questo punto la risposta è negativa. Avevo già fatto notare che la quantizzazione del campo e.m. ci ha dato dei fotoni "liberi", senza cariche con cui interagire; la quantizzazione del campo di Dirac fa lo stesso: produce elettroni e positroni "liberi", cioè senza fotoni con cui interagire (anzi, non interagiscono neppure fra loro: sono particelle immaginarie, nel senso che differiscono da quelle del mondo che ci circonda proprio per essere completamente prive d'interazioni).
Dunque il lavoro fatto è da buttar via? Neppure per sogno, solo che bisogna introdurre le interazioni. Come? Alla prossima puntata, naturalmente...

(Fine della quarta puntata)


Continua...