Breve storia dell'elettrodinamica quantistica

Elio Fabri

Ultima revisione: 17-9-07


Ottava puntata

Abbiamo incontrato nella scorsa puntata la vera difficoltà di QED: le cosiddette "divergenze ultraviolette". Divergenze, perché si tratta d'integrali che divergono; ultraviolette perché le divergenze, ossia gli infiniti, sono dovuti alle particelle virtuali di grande energia (piccola lunghezza d'onda).
Per esorcizzare questo "diabolus" i teorici si misero al lavoro, e pian piano cominciò ad apparire un po' di luce. Finché negli anni 1946-48 (erano giusto 50 anni quando ho cominciato a scrivere questa "breve" storia) Feynman, Schwinger e Tomonaga riuscirono a dimostrare, indipendentemente tra loro, che i responsabili delle divergenze erano solo tre diagrammi, tutti presenti nelle figure che ho disegnato nella settima puntata, e che riporto qui accanto:
1) il fotone virtuale emesso e subito riassorbito da un elettrone (fig. 1)
2) la coppia virtuale prodotta da un fotone e subito annichilata (fig. 2)
3) il fotone virtuale emesso da un elettrone prima di emettere o assorbire
un altro fotone, e riassorbito dopo (fig. 3).

Va detto che questi processi virtuali sono possibili anche in casi semplicissimi, più semplici dell'effetto Compton che abbiamo visto in precedenza.
Pensiamo ad es. al processo 1. Questo può avvenire anche con un elettrone libero, in quanto esso, per quanto libero, non è privo d'interazione col campo e.m. Dunque un elettrone che viaggia solo soletto non è mai "nudo", ma potrà continuamente emettere e riassorbire fotoni virtuali. Si dimostra che questo gioco ha un effetto importante sull'elettrone: ne altera l'energia di riposo, ossia la massa.
Ma noi non possiamo osservare un elettrone nudo, quindi la sua massa nuda ci è sconosciuta: quella che misuriamo è sempre la massa di un elettrone "vestito" da tutte queste particelle virtuali.

Il calcolo ci dice che la correzione alla massa dell'elettrone sarebbe infinita; ma ci dice anche che questo succede se consideriamo fotoni virtuali di energie comunque grandi (il che è obbligatorio, stando alla meccanica quantistica). Perciò proviamo a dimenticare per un momento questa regola, e limitiamoci a fotoni di energia non superiore a un certo valore E, molto molto grande, ma finito: allora la correzione alla massa sarà anch'essa finita.
(Tanto per cambiare, qui e nel seguito sto facendo una serie di semplificazioni e anche di distorsioni rispetto al reale stato delle cose; ma temo non sia tanto facile essere più precisi e al tempo stesso restare comprensibili ... ammesso che quello che sto scrivendo sia comprensibile!)
In queste condizioni possiamo ragionare all'indietro: noi non possiamo misurare la massa nuda, ma solo quella vestita? Benissimo; proviamo a ipotizzare un valore per la massa nuda, calcoliamo la massa vestita che ne risulta e confrontiamola con le misure. Non verrà giusta, possiamo scommetterci; ma per tentativi potremo aggiustare la massa nuda in modo che quelle vestita coincida col valore misurato. (In realtà non è necessario procedere a tentoni: si tratta solo di risolvere una certa equazione, in cui la massa nuda è l'incognita.)

Un ragionamento simile si fa col diagramma 2, che viene descritto col termine "polarizzazione del vuoto". Vuol dire che per un fotone lo spazio non è realmente vuoto, e che può "polarizzarsi" al passaggio di un fotone, un po' come un dielettrico si polarizza a causa di un campo elettrico statico.
C'è un effetto importante di questa polarizzazione, ed è che la carica dell'elettrone ne viene alterata. Succede un fenomeno analogo a quello visto con la massa, e lo si tratta allo stesso modo: potremo limitarci a elettroni virtuali di energia non superiore a E, calcolare la correzione, da qui ricavare quale carica nuda occorre usare per arrivare alla carica vestita: quella che Millikan misurò agli inizi del secolo.

Resterebbe infine il diagramma 3, che però si riconduce all'1. Spiegare come e perché, va troppo al di là di questa storia. Posso solo far notare che in certo senso si somigliano: in entrambi c'è un fotone virtuale che nasce e poi muore...

Ed ecco il colpo di bacchetta magica: tutti i calcoli accennati fin qui non sono esatti, perché ci siamo limitati a non andare oltre una certa energia E. Questo era necessario per non avere risultati infiniti. Ma se dopo aver fatto le correzioni, ossia dopo aver espresso tutte le grandezze calcolabili in termini della massa e della carica dell'elettrone "vestito", mandiamo E a infinito, il risultato del calcolo resta finito e non contiene più parametri arbitrari o inosservabili!
In questo modo fu possibile calcolare le correzioni di ordine superiore alle probabilità di molti processi (ricordate ad es. l'effetto Compton?) e confrontare con i risultati degli esperimenti.

Uno degli esempi più significativi è il seguente. Nella terza puntata ho parlato dello spin e del momento magnetico dell'elettrone, e ho scritto che la teoria di Dirac, in accordo con le misure, prevede fra le due grandezze il rapporto e/2mc.Anche QED1 (la teoria al primo ordine) dà lo stesso rapporto, mentre il calcolo degli ordini superiori prevede una correzione: quel rapporto va moltiplicato per 1.0011596525 (con l'ultima cifra un po' incerta, perché anche i più raffinati calcoli numerici sono sempre approssimati).
Bene: mentre i teorici calcolavano, gli sperimentali misuravano, e il loro responso fu 1.0011596522, con errore inferiore all'ultima cifra scritta. Non occorrono commenti, mi pare...

C'è solo da aggiungere che tutti i calcoli fatti con QED hanno dato risultati dello stesso genere, ossia in eccellente accordo con gli esperimenti. Non esiste nessuna teoria, nell'ambito della fisica delle interazioni fondamentali, che mostri un così perfetto e generale accordo con le misure.
Non vi stupirete se a Feynman, Schwinger e Tomonaga è stato assegnato il Nobel...

Allora siamo a posto? chiederete a questo punto; la storia è finita? Non è finita, per varie ragioni...
Lo vedremo nella prossima puntata, che sarà anche l'ultima.

(Fine dell'ottava puntata)


Continua...