9. Soluzione delle "difficoltà logiche"
Ora possiamo tornare alla discussione
iniziale, circa il ruolo che possono avere le considerazioni sulla forza come
sforzo muscolare, la misura della forza col dinamometro, ecc. È ormai
chiaro che non si può trattare di definizioni, nel senso logico
rigoroso: abbiamo visto le difficoltà che vi si oppongono, e gli
argomenti didattici contro una tale idea programmatica. Si dovrà invece
intenderle come elementi di una fase preparatoria, nella quale si passa dalle
idee di senso comune ai termini del vero e proprio discorso scientifico. Un
tale passaggio non si può fare di colpo, in poche parole: va motivato e
guidato con attenzione.
In questo spirito la critica all'uso del
dinamometro, che come abbiamo visto richiede il primo e il terzo principio,
non sussiste più. Non si tratta infatti di pretendere fin dall'inizio
una trattazione logicamente ineccepibile, ma di incominciare a far conoscenza
con gli strumenti della fisica e a costruire i concetti. Il dinamometro serve
a trasformare in grandezza fisica quantitativa l'idea di forza del senso
comune; ad associarla a determinate situazioni sperimentali; a prendere
contatto, anche in senso letterale, cioè toccando con mano, con le
forze e con la loro misura. Niente di male se a questo punto si fa uso di
proprietà del tutto intuitive (un corpo pesante applica al dinamometro
una forza uguale al suo peso) che non sarebbe possibile dimostrare, dal
momento che la meccanica è ancora da fare. Questa fase costruttiva si
concluderà con l'enunciazione dei principi della meccanica, e allora si
potrà far vedere che tali principi, oltre a spiegare e prevedere
moltissimi altri fenomeni, giustificano a posteriori il punto di partenza
adottato. Qualche studente obietterà: "bella scoperta, ritroviamo
quello che avevamo messo dentro fin dal principio"? È vero, ma il
controllo serve solo a garantire la coerenza logica della costruzione: dal
momento in cui sono stati formulati, i principi di Newton diventano le basi
portanti su cui tutto deve appoggiarsi. Quello che è veramente
essenziale, è che l'intero processo sia ben chiaro al docente, il quale
troverà allora il modo di presentarlo correttamente agli allievi, al
momento giusto (e cioè durante e dopo lo sviluppo della discussione, e
non prima).
La questione ha anche un altro aspetto.
Prendiamo F=ma: introdotta la forza in uno
dei soliti modi, con qualcuno dei soliti esperimenti si può arrivare
alla II legge di Newton; ma si è già detto che nessuno deve
pensare tale legge definitivamente dimostrata da quei pochi e grossolani
esperimenti. Si tratta ovviamente di un momento induttivo: gli esperimenti
suggeriscono un certo enunciato teorico generale (F=ma); da questo enunciato si sviluppano una serie di conseguenze, le
quali da un lato confermano la validità dell'enunciato, e dall'altro
precisano il significato dei termini teorici introdotti (forza, massa). Si
può ben dire che probabilmente l'unica maniera corretta di introdurre
la forza è la definizione dinamica: F=ma usata come "definizione" di forza. Ma questo non è
un giro vizioso? L'equivoco sta nel credere che si tratti di una definizione
nominale, come quella di energia cinetica; e che F=ma non possa mai essere usata in altro modo. In realtà il modo
corretto di esprimere la situazione è il seguente: F=ma stabilisce la connessione necessaria (nella
meccanica newtoniana) fra tre termini teorici, mentre le regole di
interpretazione ci dicono come connettere ciascuno dei termini teorici con
l'osservazione. Perciò l'uso della Il legge può cambiare a
seconda delle circostanze, cioè a seconda di quali termini si
suppongono noti, e quali si voglia ricavare dalla teoria (o
prevedere, se si preferisce). Chiaramente
in questo caso le possibilità sono tre, e tutte e tre trovano
applicazione pratica a seconda dei casi.